È ormai di giorni fa la notizia di una verdesca (Prionace glauca, uno squalo che abita i nostri mari), spiaggiatasi lungo le coste dell’Isola di Sant’Antioco, in Sardegna. Molti di voi l’avranno sicuramente letta o sentita. Infatti, la notizia ha fatto subito il giro del web.
A sorprendere non è stata la presenza dell’animale in sé, ma scoprire che si trattava di una femmina in procinto di partorire. Sono stati numerosi gli articoli e i post a riguardo o i video girati prima che il Corpo della Forestale intervenisse sul posto. Sono state espresse opinioni contrastanti su questa vicenda, che non è la prima né l’ultima per questa come per molte altre specie di Elasmobranchi. Ma qual è la situazione degli squali nei mari italiani? Quali sono le principali minacce? Possono rappresentare un pericolo per l’uomo, come molti pensano? E infine, come bisogna agire in caso di uno squalo spiaggiato?
Per rispondere a queste ed altre domande, noi di Impronta Animale abbiamo pensato di intervistare Andrea Spinelli.
Per chi non lo conoscesse, Andrea è un biologo marino e ricercatore presso la Fundación dell’Oceanografic de Valencia, specializzato nella conservazione degli ecosistemi marini e degli Elasmobranchi. Insieme al fratello Marco, ha da sempre una grande passione per il mare e per la subacquea, oltre che per la fotografia. Nel tentativo di conciliare queste passioni con lo studio e la conservazione dell’ambiente marino, i due fratelli hanno realizzato il documentario “Missione Euridice” (qui potete trovare il link al video e qui l’intervista fatta a Marco da Greta e Valentina sul documentario) per denunciare il problema delle reti fantasma e i danni che causano.
Gli Elasmobranchi: risorsa fondamentale per l’ecosistema marino
Ciao Andrea, siamo felici che tu abbia deciso di rilasciarci questa intervista. Innanzitutto, vorremmo sapere qual è la situazione degli squali nelle acque italiane. Ogni volta le persone sono scettiche riguardo la loro presenza nei nostri mari. Quindi, ti chiediamo, gli squali sono realmente presenti? Rientrano tra le specie protette e quali sono le minacce che devono affrontare?
È assolutamente un piacere poter partecipare.
Certo, gli squali sono presenti nei nostri mari, se non li vediamo frequentemente non vuol dire che non ci siano! Anzi, nel Mar Mediterraneo sono presenti diverse specie: Squalo Palombo (Mustelus mustelus), il gattuccio (Scyliorhinus canicula), lo squalo Boccanera (Galeus melastomus). Persino lo Squalo Bianco (Carcharodon carcharias) viene avvistato con una certa frequenza, soprattutto nello stretto di Sicilia, anche se molti pensano non ci sia. Infine la Verdesca (Prionace glauca) che spesso rappresenta una delle specie più pescate.
Diciamo che la minaccia principale è rappresentata dalla pesca. Infatti molto spesso questi animali vengono pescati accidentalmente insieme alle specie commerciali o rimangono intrappolati nelle reti fantasma. Questa è una problematica ampiamente diffusa in Mediterraneo, a cui non si è ancora trovata una soluzione. Pensate che ogni anno vengono pescati circa 73 milioni di squali e le popolazioni di diverse specie di Elasmobranchi sono diminuite fino al 90% negli ultimi anni.
Alcune specie, presenti nei nostri mari, godono di parziale o totale protezione. Tra queste ci sono lo squalo bianco, lo squalo elefante e lo squalo volpe. Ma tante altre, nonostante siano in pericolo e minacciate secondo la IUCN, ad oggi, sfortunatamente possono essere pescate e commercializzate.
Per chi conosce la biologia marina, è evidente che gli squali abbiano un ruolo fondamentale per la salute e il buon funzionamento dell’ecosistema marino. Al contrario, agli occhi del pubblico questi rappresentano spesso una minaccia. Ma gli Squali sono realmente una minaccia per l’uomo? E se così fosse, in Mediterraneo sono presenti specie potenzialmente pericolose?
Allora il numero di persone che muoiono ogni anno per attacchi di Squali è davvero basso, stiamo parlando di circa 6-10 persone all’anno. Ci sono ben altre minacce per l’uomo! Dopo il film “Lo Squalo”, le persone hanno iniziato a immaginarsi questi animali come predatori dai grandi denti aguzzi, da temere e con cui è impossibile convivere quando in realtà non è così. Addirittura, in alcune parti del mondo si può anche nuotare con gli squali in tutta sicurezza, come abbiamo fatto io e mio fratello a Bermeo.
La situazione degli Elasmobranchi in Italia
Avrai sentito parlare dell’esemplare di Verdesca, una femmina con gravi lesioni agli organi interni, spiaggiatosi a Sant’Antico in Sardegna, e di come alcuni bagnanti abbiano tentato di aiutarla a partorire. Guardando i video che sono circolati online, è evidente che l’intervento del bagnante è stato molto rude, per quanto sia stato condotto in buona fede. Cosa pensi riguardo alla vicenda e al comportamento dei bagnanti?
Sì, per quanto non sia stato possibile sapere quale fosse lo stato della femmina spiaggiata, come hai detto le azioni del bagnante sembravano volte a volerla aiutare. In realtà, per quanto potessero essere fatte in buona fede, queste azioni non hanno sicuramente dato sollievo all’animale già debilitato. Molte testate giornalistiche e servizi hanno sempre elogiato l’operato dei bagnanti, senza però tener conto dello stato e del benessere dell’animale e dei giovani nati. Per quanto quelle azioni abbiano permesso la nascita dei giovanili, le modalità di intervento erano tutt’altro che corrette. Purtroppo, questo è dovuto al fatto che in Italia non esiste ancora un protocollo ufficiale e condiviso per intervenire in caso di spiaggiamenti di questi animali. Al contrario, nella comunità valenciana e all’Istituto Oceanografico, presso cui lavoro, abbiamo protocolli ben precisi da seguire per intervenire il prima possibile, per aiutare l’animale cercando di limitare il più possibile lo stress.
Non è il primo caso di spiaggiamento di squalo in Italia, soprattutto negli ultimi anni. In particolare, stando a quanto riportato dagli articoli, diversi episodi di questo tipo avvengono soprattutto nel Tirreno. Quali possono essere le cause di spiaggiamenti così frequenti?
Le cause di spiaggiamento possono essere moltissime. Ad esempio, le femmine di alcune specie, tra cui la Verdesca, si spingono fin sotto costa durante la gravidanza o al momento del parto.
Negli ultimi mesi molti degli animali rinvenuti spiaggiati lungo le coste valenciane erano femmine di Verdesca con evidenti ferite nell’area cefalica (Andrea ha dedicato un post a questa tematica). Da analisi svolte sulle carcasse, si è scoperto che queste lesioni erano causate dalle spade dei Pesci Spada (Xiphias gladius). Infatti, grazie allo studio effettuato da parte di Fundación Oceanogràfic e dell’Associazione LAMNA, analizzando il tessuto in prossimità delle ferite, sono stati rinvenuti quelli che poi si è scoperto essere resti della “spada”.
I risultati sono stati presentati a congresso e sono stati anche oggetto di alcuni articoli usciti sulle testate nazionali spagnole (qui ne potete trovare uno). Non si sa di preciso se queste lesioni siano dovute ad un potenziale attacco da parte del Pesce Spada per difendersi dalla Verdesca, o se sia stata lei ad attaccare per poi rimanere ferita. Un’altra possibilità è che le due specie siano entrate in conflitto per la stessa preda. Ovviamente questo è uno dei numerosi motivi che potrebbero causare lo spiaggiamento di uno squalo.
Come hai ben detto, è importante avere dei protocolli con precise linee guida per sapere come agire in presenza di animali spiaggiati. Se parliamo di tartarughe o delfini, esistono dei protocolli o delle azioni da compiere per soccorrere l’animale. In caso di uno squalo no! Dunque, ti chiedo, cosa è necessario fare dinnanzi ad uno squalo spiaggiato, per aiutare l’animale evitando di causargli ulteriore stress o dolore? Quali protocolli utilizzate presso l’istituito Oceanografico?
Nella comunità valenciana esiste un numero di riferimento che qualsiasi persona (turista o pescatore) può chiamare in caso di spiaggiamenti di animali, tra cui gli squali. La chiamata viene poi dirottata al centro di recupero più vicino che si preparerà ad intervenire tempestivamente sul posto. Nel caso dell’Istituto Oceanografico, una volta arrivati sul posto cerchiamo di capire qual è lo stato di salute dell’animale, se quindi è vivo o morto. In quest’ultimo caso la carcassa viene rimossa e si cerca di capire quali potrebbero essere le cause della morte. Invece, se l’animale è ancora in vita, utilizziamo delle barelle di varie dimensioni per recuperare l’animale. Ovviamente tutto quello che avviene successivamente sono una serie di analisi svolte a capire le cause dello spiaggiamento, che possono essere moltissime e differenti. L’obiettivo è capire in che stato verte la salute dell’animale, per poi decidere come procedere per la riabilitazione.
Quindi ovviamente bisogna chiedere l’intervento di persone esperte.
Sì, esatto e non agire soprattutto se si è inesperti, perché il rischio è quello di procurare ulteriore dolore e stress all’animale. Purtroppo, in Italia non esiste un protocollo ufficiale in caso di squali spiaggiati. Anche io mi sono trovato in una situazione simile, più di una volta, e quando ho chiamato la capitaneria loro stessi sembravano molto confusi sul da farsi. Quando invece in questi casi bisogna agire tempestivamente, per rimuovere la carcassa. Purtroppo, su questo e su altri aspetti l’Italia, come altri paesi europei, è rimasta davvero indietro.
Shark Preyed: da perfetti predatori a prede sempre più vulnerabili
Sappiamo che tu sei ricercatore presso la Fundación Oceanografic de Valencia e che ti occupi soprattutto della conservazione degli ecosistemi e degli Elasmobranchi. Quindi, vorremmo sapere se e quali potrebbero essere le misure per favorire una miglior protezione di questi grandi predatori. Esistono dei progetti o delle misure finalizzate alla loro tutela in Italia? E negli altri paesi?
Beh, la principale minaccia in Italia, come anche in altre parti del mondo, è la pesca e il bycatch. Spesso gli squali rimangono intrappolati nelle reti insieme alle specie target della pesca oppure rimangono imbrigliati nelle reti fantasma, come mostrato nel documentario MISSIONE EURIDICE.
Se per alcune specie target della pesca commerciale (es. Tonno rosso e Pesce spada) esistono quote di cattura da rispettare, per gli squali no! Questo è un grande problema. Soprattutto in Mediterraneo dove la pesca a strascico è ampiamente utilizzata e rappresenta una delle tecniche più distruttive proprio perché poco selettiva. Inoltre, anche se molte persone non lo immaginano, in Italia esiste un vasto commercio LEGALE di carne di squalo. L’Italia detiene un triste primato insieme alla Spagna. Nell’ultimo decennio,infatti, l’Italia si è classificata come primo importatore di carne di Squalo in Europa e terzo in tutto il mondo. Mentre la Spagna è la prima esportatrice di carne e pinne di Squalo al mondo. In Spagna, Portogallo, Malta, Italia e in molti altri paesi è sempre più frequente trovare carne di squalo in vendita. Non esiste, ormai, un supermercato in cui non venga venduta.
Esatto, io stessa mi sono meravigliata nel vedere una busta con la dicitura “filetti di verdesca” in bella vista tra i prodotti surgelati.
Purtroppo, accede proprio questo! Spesso le persone non si rendono nemmeno conto di ciò che stanno comprando o mangiando. Basta pensare a come alcuni prodotti possano essere etichettati con nomi comuni differenti od errati rispetto a ciò che sono in realtà (mislabelling).
Tipico esempio è proprio la carne di squalo. I filetti di Verdesca a volte possono amche essere venduti come filetti di Pesce Spada perché simili nell’aspetto, in quel caso si tratta di frode alimentare. Ovviamente, un occhio inesperto non è in grado di cogliere le minime differenze tra i due tipi di carne. Altro esempio è la carne di Palombo (Cazón in spagnolo) o altre specie di squalo, vendute con i nomi comuni di Spinarolo o di Vitello di mare, tutti nomi che non fanno riferimento specifico allo squalo. Perciò, le persone non sono nemmeno consapevoli di ciò che realmente stanno acquistando. Questo è tipico in Spagna, dove il “cazón” ( palombo o cagnesca) rappresenta una specie target della pesca soprattutto lungo la costa atlantica, come mostrato in “Shark Payed”.
Esistono numerosi progetti tesi a favorire la conservazione degli squali, soprattutto attraverso l’informazione e la sensibilizzazione del pubblico che spesso è ignaro di queste problematiche. In molti paesi come Spagna, Portogallo, Francia, Italia, Malta e Grecia si è diffuso il progetto di recuperare le uova pescate accidentalmente, intrappolate nelle reti o prelevate dai corpi delle femmine pescate, per poi mantenerle in acquario fino alla schiusa, seguendo un protocollo ormai condiviso. In questo modo i piccoli squali verrebbero mantenuti in cattività e monitorati fino al momento in cui saranno pronti ad essere rimessi in libertà. Questo protocollo, però, può essere applicato a specie come il Gattuccio e, nonostante negli ultimi anni i rilasci siano aumentati, il numero di individui che rimettiamo in libertà non riuscirà mai a compensare il rapido declino che stanno affrontando le specie di squali. Servono sicuramente misure molto più mirate, soprattutto nella gestione della pesca che, ad oggi, continuano a mancare.
Prima hai nominato “Shark Prayed”, un progetto a cui tu e tuo fratello Marco state lavorando. Puoi dirci qualcosa di più a riguardo?
“Shark Prayed” è nato dalla passione che io e mio fratello nutriamo per il mondo marino, ma anche per gli squali. Quello che abbiamo voluto fare è stato documentare quella che è la situazione del commercio legale di carne di squalo in Europa, principalmente tra Spagna e Italia e il ruolo fondamentale che hanno questi meravigliosi animali sul nostro pianeta, ma che purtroppo stanno scomparendo a causa dell’uomo. Abbiamo visitato i mercati ittici più importanti dell’Andalusia, partendo da Cadice, poiché la Spagna è al primo posto per esportazioni di carne di squalo in Europa.
Durante le riprese, un momento che ha emozionato molto mio fratello è stato il ritrovamento di un esemplare di Squalo Boccanera, intrappolato senza vita in una rete abbandonata in mare.
Il Mar Mediterraneo è il mare più sfruttato al mondo. Troppo spesso gli Elasmobranchi rimangono intrappolati nelle reti abbandonate.
Questo fenomeno conosciuto come “pesca fantasma” causa ulteriori morti, ma è molto difficile da monitorare e contrastare. Le minacce che gli squali si trovano ad affrontare sono numerose, ma esistono alcune azioni che possono contribuire, anche se in minima parte, alla loro salvaguardia. Infatti, un altro momento che abbiamo documentato con “Shark Preyed” è stata la reintroduzione di squali gattucci nel Mediterraneo occidentale, come fase finale di un progetto di conservazione e sensibilizzazione della Fundación Oceanogràfic di Valencia e dell’associazione Lamna. L’obiettivo di questo progetto è sensibilizzare il più possibile le persone affinché, pur avendo la possibilità di comprare la carne di squalo, decidano volontariamente di non farlo perché consapevoli della realtà negativa che andrebbero altrimenti a supportare. Quello che spero è che attraverso tutti i nostri progetti saremo in grado di creare una maggiore consapevolezza riguardo le minacce che vivono gli squali nei nostri mari.
Con dispiacere, devo dire che questa intervista si conclude qui. È stato davvero molto interessante venire a conoscenza dei protocolli applicati dall’Oceanografico di Valencia e vedere la differenza sostanziale con il nostro paese, ma non solo. Senza alcun dubbio l’Italia ha tanto da imparare sotto questo punto di vista e bisogna continuare a sensibilizzare con ogni mezzo! Noi di Impronta Animale, e spero tutti coloro che leggeranno questa intervista, continueremo a seguire sia te che Marco sui social per poter guardare i diversi contenuti che portate e che danno importanti informazioni sul mondo marino. A presto e in bocca al lupo con tutti i vostri progetti.
Federica Mongera