Chi l’avrebbe mai detto che, un giorno, la trasposizione televisiva di un videogame avrebbe conquistato i cuori delle persone di tutto il mondo? È quanto successo ad Arcane, serie animata targata Netflix, ideata da Christian Linke e Alex Yee. La storia, animata dallo studio francese Fortiche, è ambientata nell’universo videoludico di League of Legends e i fatti narrati rappresentano un prequel del gioco della Riot Games.
Arcane _steamcommunity.com

La forza principale di Arcane risiede nella sua capacità di narrativa: variegata e fantasiosa, ma anche profonda e attuale, tanto da donare un’anima a personaggi disegnati. È così che sullo sfondo di macro-tematiche come la lotta di classe, il dualismo scienza e magia, le implicazioni etiche della tecnologia, il tema del doppio e l’intramontabile scontro tra bene e male, si intrecciano le storie dei personaggi, magistralmente rappresentati sia a livello grafico che caratteriale. Ognuno con le proprie fragilità e punti di forza, in cui albergano sia luci che ombre. Non esistono eroi o idoli perfetti, non esiste giusto o sbagliato, ma solo punti di vista in cui lo spettatore può decidere di immedesimarsi. 

Tra tutti i meravigliosi episodi, quello che ha conquistato la mia attenzione – e anche il mio cuore – è: “Facciamo finta che sia la prima volta” (seconda stagione). Probabilmente per alcune scene – che ricordano lo Spider-Man di Miles Morales – la coinvolgente colonna sonora di Stromae – che non perde un colpo –  l’intramontabile tema del viaggio nel tempo – che non può mancare in un mondo steampunk/cyberpunk – e infine la struggente storia d’amore tra Ekko e Jinx (che mi ha strappato non poche lacrime). 

Attenti agli spoiler!

L’episodio riporta luoghi, personaggi e storie che ci sono familiari, ma che non riconosciamo del tutto. Ekko ha viaggiato nel tempo ed è stato catapultato in una dimensione alternativa, in cui i suoi amici sono ancora vivi, la magia non ha corrotto il cuore dell’uomo (o non ancora) e ha persino una storia d’amore con Powder (nelle vesti di una ragazza dolce ed equilibrata). Tuttavia, è solo un viandante di passaggio in una linea temporale che non gli appartiene, e deve far ritorno alla sua dimensione. La coscienza, che sembra sopravvivere alle deformazioni dello spazio-tempo, lo trasforma in un eroe shakespeariano perché è tormentato dai fantasmi del passato (o del futuro).

È perfettamente cosciente che la sua vita nell’altra dimensione è tutt’altro che pacifica e felice, ma è spinto dal senso del dovere, che lo porta a sacrificare la sua attuale felicità per un bene più grande. In bilico tra due dimensioni, come tra sogno e realtà, Ekko è depositario di un nuovo stadio di coscienza – la consapevolezza di una vita migliore, insieme a Powder – che lo spinge a salvarla più volte dal suicidio nella sua reale dimensione.

Ekko è il vero eroe della storia perché dimostra una forza titanica nel lasciarsi il passato alle spalle, abbandonando il Paradiso per salvare il mondo, non solo Powder. A differenza del Grande Gatsby, Ekko è consapevole che – per quanto possa far male – non possiamo cancellare il nostro passato, ma possiamo fare tesoro delle esperienze per costruire un nuovo futuro, perché c’è sempre qualcosa o qualcuno per i quali valga la pena vivere.

LA COSCIENZA: DEMIURGO DEL TEMPO
Tempo spazializzato

Abbiamo la percezione che il tempo “scorra” perché assistiamo a continui cambiamenti: il giorno e la notte si rincorrono, le stagioni si alternano, noi cresciamo e ci vengono i capelli bianchi. Isaac Newton disse: “il tempo è trasformazione”. Solo che non siamo coscienti di tutte le trasformazioni che avvengono nel mondo – e ancor meno nell’universo – ma solo di alcune, che sono soggettivamente rilevanti per noi. 

L’essere umano tende a suddividere il tempo in eventi, per lui significativi. Dei checkpoint che costruiscono la sua coscienza, e vengono collezionati dalla memoria sotto forma di ricordi. È come se i ricordi fossero i frame di un film – la nostra personale storia di vita – che vengono registrati e disposti cronologicamente da quel regista che è la memoria. È il “Tempo spazializzato” di cui parlava il filosofo francese Bergson: il tempo è memoria – perché senza di esso non potremmo avere ricordi – e durata, perché quel ricordo permane e ci consente suddividere (spazializzare) ciò che è stato (passato) da ciò che sarà (futuro). Siamo esseri in continuo divenire (Panta Rei), ma se non ci fossero memoria e durata, non ci accorgeremmo delle trasformazioni che accadono e ci coinvolgono.

Immaginate che agonia sarebbe svegliarsi ogni mattina, senza avere alcuna memoria del passato. Sarebbe come rinascere ogni nuovo giorno! ma con la coscienza di un bambino, che invecchia senza avere a disposizione l’esperienza, guida delle nostre scelte presenti e future. Memoria e durata sono bussole, perché ci consentono di orientarci nel caotico groviglio dell’esistenza, e ci danno una direzione perché non puoi conoscere la destinazione se non ti ricordi da dove provieni. 

L’illusione del tempo

Tuttavia, il tempo esiste solo in funzione di un sistema – la coscienza – capace di…crearlo. Esatto! il tempo è una creazione della nostra coscienza, perché è lei che decide cosa assimilare, come elaborare/interpretare, se ricordare. Quindi, il tempo è coscienza! ma è pur vero che per strutturare una coscienza c’è bisogno di tempo, quello necessario a vivere esperienze e registrare informazioni. Queste vengono elaborate, quantitativamente e qualitativamente, e trasformate in qualcosa di unico perché filtrate dal nostro punto di vista soggettivo (qualia).

Se la coscienza crea il tempo, significa che il tempo è coscienza; ma la coscienza ha bisogno del tempo per costruirsi, quindi la coscienza è tempo, allora possiamo dire che la coscienza è auto-generativa: ossia genera sé stessa, attraverso l’autoillusione del tempo. In sintesi, come affermava Einstein: il tempo è un’illusione – aggiungo auto-indotta – perché passato, presente e futuro coesistono nell’istante cogente. È la coscienza stessa che, nel tentativo di espandersi, costruisce l’illusione del tempo e lo suddivide, mettendo ordine ad un oceano caotico di eventi simultanei, in cui vivono infinite nature della stessa persona.

Il Tempo quantistico
Tempo quantistico: “paradosso del gatto” di Schrodingher

Per comprendere meglio il concetto di simultaneità, dobbiamo tirare in ballo la meccanica quantistica. Ricordate il “paradosso del gatto” di Schrodingher? In una scatola, vengono disposti un gatto e un sistema capace di ucciderlo (poverino), azionabile da una piccola particella. Finché non apriamo la scatola, non avremmo la certezza di cosa sia successo, per cui dovremmo ritenere il gatto sia vivo che morto, simultaneamente. È un paradosso – un po’ macabro – perché l’esperienza quotidiana e la meccanica classica escludono la possibilità di essere più cose (opposte), nello stesso istante di tempo. Da qui, il principio di indeterminazione di Heisenberg

non è possibile misurare, contemporaneamente ed esattamente, le proprietà che definiscono lo stato di una particella elementare

Significa che nel descrivere il moto di una particella, possiamo misurare o la sua posizione o la sua velocità, ma non entrambe contemporaneamente. Ciò che possiamo fare è calcolare la probabilità che la particella occupi una posizione, in una regione sferica di spazio. Insomma, la particella si trova simultaneamente in più posizioni, creando una nuvola di punti, finché solo una di queste posizioni diventa effettiva attraverso la nostra osservazione. 

Se la meccanica classica considera il tempo lineare, ovvero come una successione finita di eventi, ora possiamo ammettere l’esistenza di un tempo quantistico: “ogni istante è una nuvola di eventi, che esistono simultaneamente, fino alla realizzazione di uno di essi”. 

L’essere umano – proprio come la particella – avrebbe davanti a sé un ventaglio di infiniti futuri simultanei – e quindi di infinite realtà – che potrebbe vivere, ma solo una di questa si concretizza, attraverso le scelte compiute. Tuttavia, l’uomo non percepisce la natura quantistica del tempo, perché possiamo essere coscienti solo delle scelte e delle azioni fatte. Insomma, l’uomo è in bilico tra uno stato di pre-coscienza, in cui è “in potenza” – nel senso che ha le potenzialità per vivere infinite vite – e lo stato di coscienza, in cui è “in atto” – ovvero la scelta e l’azione identificano la sua natura, veicolando la sua realtà e strutturando la sua vita.

Sintropia
Retro-causalità

In un tempo quantistico, esisterebbe un multiverso di realtà parallele (teoria dei “Molti Mondi” di Everett), dove abbiamo compiuto scelte diverse. C’è una dimensione in cui abbiamo concluso gli studi, in cui abbiamo fatto quel viaggio e sposato la persona amata. C’è una dimensione in cui i nostri sogni sono realtà, e la nostra realtà è il sogno di qualche gemello temporale (proprio come Ekko). Esisterebbe una costellazione di mondi a cui non possiamo accedere (ci sono speculazione sui sogni e i buchi neri) perché siamo principalmente esseri coscienti, e la coscienza è lo strumento che mette ordine al caos, costruendo una identità unitaria dalla moltitudine dell’essere. 

Tuttavia, lo stato pre-cosciente non viene eliminato del tutto, ma può influire sulla coscienza. In vista di una scelta – e non solo – ci sono individui che si abbandonano agli impulsi pre-coscienti, manifestando quello che il fisico Mensky chiama “super intuizione” (o senso di ragno). Un esempio è la contrazione della pupilla, appena prima che scatti un lampo di luce. Ciò significa che:  

Un evento futuro influisce su quello passato” 

È la retro-causalità – osservato in alcuni fenomeni – che inverte la relazione di causa-effetto, perché è l’effetto ad anticipare la causa. 

Vita sintropica

I fenomeni di retro-causalità possono spaventare, perché erodono molte delle nostre certezze, ma fa parte del gioco! è successo con la relatività, poi con la meccanica quantistica e succederà ancora perché la scienza è fatta per essere messa in discussione. Tuttavia, le nuove teorie non cancellano la validità di quelle passate –  anzi, spesso le avvalorano – proprio come è accaduto con l’entropia. 

L’entropia è la misura del grado di disordine di un sistema, che tende ad aumentare con il tempo. Quindi, in modo indiretto, l’entropia ci dà la freccia del tempo dal passato – sistema ordinato – al futuro – sistema disordinato. Ma questo non vale per tutto, perché gli ecosistemi e i sistemi biologici si organizzano in strutture ordinate. Il grado di disordine del sistema diminuisce, invertendo la freccia del tempo (rispetto a quello entropico) dal futuro – sistema disordinato – al passato – sistema ordinato. Questa nemesi entropica è la Sintropia – nata con i primi studi sull’anti-materia – che cercava di unificare le teorie fisiche con quelle biologiche. 

Il matematico italiano Luigi Fantappié ne fu un grande sostenitore, affermando come i fenomeni sintropici siano generati da “cause finali”, gli attrattori. In un ecosistema, le singole parti hanno un unico fine: sopravvivere e raggiungere il più alto grado di ordine, ossia l’armonia. È così per l’alveare, il formicaio e la società umana…ok! forse noi non siamo così bravi. 

Dunque, se la fisica ci ha sempre descritto un mondo che tende al disordine e al caos; ora, la biologia introduce un finalismo scientifico, in cui le singole parti collaborano per raggiungere un ordine armonico. In un certo senso, la vita è sintropica, perché tende ad un fine. Il problema è scoprire quale sia! per molti è il denaro, per altri il successo. Secondo Fantappié (e alcuni scrittori o poeti) il fine (attrattore) della vita dell’uomo è l’amore

” l’essenza della vita è proprio in questo principio di finalità. Vivere, in sostanza, significa tendere a fini. Quando un uomo è attratto dal denaro, si dice che «ama» il denaro. L’attrazione verso un fine, per noi uomini, è sentita come «amore». Noi vediamo dunque che la legge fondamentale della vita umana è questa: la legge dell’amore. È certo meraviglioso e forse commovente che, arrivati ad un certo punto, quelli che sono teoremi parlino anche al nostro cuore!”

Purtroppo – soprattutto nell’era dell’apparenza e del denaro – sempre meno persone credono all’amore. Eppure, ad un’analisi approfondita, capace di erodere le sovrastrutture in cui ci nascondiamo, si giungerebbe ad un’unica conclusione: viviamo per amare ed essere amati. Tutto il resto è sopravvivenza! 

In conclusione…

Abbiamo capito che il tempo – così come pensavamo di conoscerlo – è un’illusione, indotta dalla coscienza per amplificarsi. In uno stato precosciente, l’uomo può scegliere tra una infinità di strade diverse, ma può concretizzarsi solo in alcune di esse. Ed è la coscienza a dare integrità e forma unitaria a quella moltitudine di nature e possibilità, che coesistono nella stessa persona. Tuttavia, se coscientemente non possiamo essere infinite cose, non siamo obbligati ad esserne una soltanto. 

Se c’è una cosa che odio a questo mondo, è proprio quello di scegliere di essere una cosa sola: intelligente o stupido, ironico o riflessivo, debole o forte.

È come se non riuscissimo a contemplare gli opposti che coesistono nello stesso individuo. Eppure, sono la tipica persona con la quale potresti parlare di scienza e filosofia, e la stessa con la quale giocare ai videogames. Posso essere incredibilmente profondo, ma anche terribilmente superficiale. Così intelligente da risolvere problemi complessi, ma troppo stupido per riconoscere quelli importanti. Così forte da poter vivere da solo, ma troppo fragile da poter rinunciare a qualcuno.

A volte, mi piacerebbe essere entrambe le cose, senza necessariamente rinunciare a frammenti di me. Essere così fragile da poter piangere davanti ad un tramonto, senza intaccare la mia forza. Essere così profondo da riconoscere il dolore, ma così superficiale da non dargli importanza.

Mi piacerebbe essere intelligente e stupido, timido ed estroverso, acculturato ed ignorante. Ma è difficile, perché gli occhi degli altri ci imprigionano in una versione statica di noi stessi, impedendo di esplorare le nostre infinite sfumature.

Mi piacerebbe riavvolgere il tempo – come Ekko – per contemplare tutte le mie vite alternative, nate dalle scelte mai compiute. Vorrei rivivere questa stessa vita, ancora una volta, prestando attenzione a quei piccoli e delicati momenti, che avevo dato per scontato, ma che erano la parte essenziale. Avrei voluto dirle che l’amo, parlare con lei, ballare con lei. E baciarla, una, cento, infinite volte, facendo finta sia sempre come la prima. Mi sarebbe piaciuto! Ma le cose non vanno sempre come vogliamo. E mentre osservo le luci della città spegnersi, il ricordo di lei si riaccende in me, illuminando l’oscurità della notte. E chissà, se non è stato in questa vita, magari è nell’altra! 

Mario Russo

Fonti:

  • “Time and Consciousness”. Markus A. Maier, Vanessa L. Buechner, Department of Psychology, Ludwig-Maximilians-University, Munich, Germany
  • “Space, time and consciousness”, Smythies J., Stud, 10, 47-56 (2003)
  • “Everett Interpretation and Quantum Concept of Consciousness”, Mensky, 11, 85-96 (2013)
  • “Mindful universe: Quantum mechanics and the participating observer Stapp”, New York: Springer-Verlag (2007)
  • “Time consciousness: the missing link in theories of consciousness”, Lachlan Kent, Marc Wittmann, Centre for Youth Mental Health, The University of Melbourne, 2021
  • “Teoria quantistica della coscienza”, Henry P. Strapp, 2013