L’acqua non ha inizio o fine. Il mare è intorno a te e dentro di te. Il mare è la tua casa prima della tua. L’acqua connette tutte le cose: la vita alla morte, il buio alla luce“.

“Un maestro all’apice del suo potere” con queste parole Guillermo del Toro ha definito James Cameron, regista di uno dei più bei film usciti nel 2022. Nonostante le quasi tre ore, il film riesce a far immergere lo spettatore nel mondo di Pandora, nuovamente sotto minaccia, senza mai annoiarsi. Questa volta, però, il regista ha deciso di mostrarci un altro lato di questo magnifico posto, fatto di mari, arcipelaghi, creature marine e una nuova tribù di Na’vi.

Potete, quindi, ben immaginare che questo film, sin dal trailer, abbia destato la nostra attenzione e poi, una volta visto, la nostra assoluta meraviglia. Senza alcun dubbio con questa pellicola si evince la passione di Cameron per l’oceano, che ha saputo trasmettere superbamente a chiunque lo guardasse.

In questo viaggio su Pandora, conosciamo il popolo dell’acqua, ovvero i Metkayina, probabilmente ispirati alle popolazioni Maori.

Ronal e Tonowari del clan Metkayina

Già loro presentano caratteristiche fisiche che mostrano una diversa evoluzione dal popolo dell’aria, gli Omatikaya. La loro coda, infatti, somiglia più ad una pinna atta al nuoto, le braccia e le gambe sono più robuste e semi pinnate; tutto questo permette loro di nuotare come dei veri pesci. Riescono inoltre a trattenere il fiato a lungo sott’acqua, come degli esperti apneisti, e hanno il colore della pelle color acqua marina. Nonostante tutto questo sia comunque meraviglioso (è infatti interessante notare come in base all’ambientazione si mostrino su Pandora diversi popoli), ciò che ha catturato il nostro completo interesse è stata la rappresentazione del mondo sottomarino. Se nel primo film l’attenzione era incentrata soprattutto sulla trama e sul concetto di colonialismo (anche se comunque l’aspetto ambientale viene ben definito e mostrato), con questo film James Cameron sembra aver puntato tutto sulla creazione dell’ambiente marino. Una meticolosa cura, infatti, salta all’occhio quando viene mostrata la barriera corallina con la sua incredibile biodiversità. Pesci, cetacei e altre creature popolano l’oceano dove si affacciano le case dei Metkayina. Anche se di primo acchito tali creature sembrano del tutto inventate, non si possono non notare delle somiglianze con animali che probabilmente hanno ispirato il regista, frequente visitatore dell’ambiente marino.

Come gli ilu che lo stesso Cameron ha definito “un incrocio tra una manta e un biplano, con il lungo collo di un plesiosauro”. Questi ricordano un po’ i cavalli visti nel primo film, ma con la differenza che i Na’vi non instaurano un legame unico con loro, quindi chiunque può “cavalcare” qualsiasi individuo ilu.

Gli Ilu e il popolo dell’acqua

Magnifici sono poi gli Skimwing, o Tsurak per i Na’vi, che respirano sott’acqua attraverso le branchie e con le narici una volta in superfice. Ma è la loro capacità di fare voli prolungati a pelo sull’acqua che ci fa capire a chi il regista e gli scenografi si sono ispirati. Le pinne pettorali degli Skimwing e la coda a propulsione, che lascia una scia sull’acqua, infatti, ricordano proprio i pesci volanti quando planano sul pelo dell’acqua. Gli Skimwing vengono usati dalla gente dell’acqua come cavalcature militari quando vanno in combattimento e possono percorrere 60 miglia all’ora per infiniti periodi di tempo.

Uno Skimwing cavalcato Jake Sully nei momenti finali della battaglia

Impossibile non ricordare il grande predatore che insegue Lo’ak distruggendo parte della barriera corallina, ovvero l’Akula. A guardarlo bene rievoca alla mente un grande squalo bianco, anche se per la bocca lo stesso Dylan Cole (scenografo del film) ha dichiarato di essersi ispirato ai serpenti. Sembra infatti che a Cole non piacciano affatto questi animali e stesse cercando qualcosa di spaventoso per la realizzazione del più grande predatore della barriera corallina pandorana. Per questo motivo ha affermato di aver pensato ad un serpente a sonagli e al modo con cui spalanca la bocca. Molto simile all’Akula è il Nalutsa, un altro grande predatore di Pandora.

Un Akula che attacca Lo’ak

Infine c’è il Tulkun, il vero protagonista di questo film. Un animale senziente che ricorda le balenottere del nostro mondo. Ogni Tulkun ha un proprio nome e una propria storia ed instaura legami profondi con un membro dei Metkayina, fino a definirsi fratelli/sorelle nello spirito. “L’idea era quella di creare una creatura che fosse sulla scala di Pandora”, dice il produttore Jon Landau, “Un tulkun è lungo circa 300 piedi”.

Payakan, il Tulkun fratello nello spirito di Lo’ak

Andando oltre la biodiversità marina, ciò che risalta da questo film è un grande e bellissimo messaggio ambientalista, che denuncia la cattiveria umana. Un po’ come Melville con Moby Dick, infatti, Cameron mette in primo piano la caccia dell’uomo ai Tulkun (come nel primo film aveva denunciato la distruzione degli alberi e della natura). Proprio come il Capitano Acab, anche qui il capitano Mick Scoresby conduce la nave Sea Dragon a caccia dei grandi Tulkun e della sua “balena bianca”. Straziante e magnifica è la scena in cui Scoresby cattura finalmente una madre Tulkun, che, per proteggere il figlio (avuto dopo tanti anni di attesa), muore sotto gli arpioni e le urla vittoriose dell’equipaggio di balenieri, solo per prendere l’amrita, una sostanza preziosa situata all’interno dell’animale e che rallenta l’invecchiamento dell’uomo. L’incredibile indifferenza dell’uomo terrestre dinnanzi alla morte della famiglia Tulkun (in generale alla natura) e il solo interesse per i soldi è il chiaro specchio del mondo in cui viviamo.

Tuk, la figlia più piccola di Jake Sully e Neytiri, nel mondo sottomarino

“L’obiettivo di Avatar: The Way of Water è quindi ricordarci quanto sia importante la natura per noi e riportarci in quel tipo di prospettiva infantile in cui abbiamo questo senso di meraviglia e connessione con la natura. I bambini si sentono legati alla natura. Usciranno, torneranno sporchi, torneranno dopo aver preso delle cose e averci giocato e studiato. Tutti i bambini sono storici naturali, scienziati naturali, e poi se lo lasciano alle spalle e andiamo avanti e viviamo in un crescente stato di disturbo da deficit della natura.

Quindi, un film come questo ricrea quella connessione, quel senso di meraviglia infantile, mostrandoci cose che diamo per scontate. “
—James Cameron

Con le parole di James Cameron, un grande regista dei giorni nostri, vogliamo concludere questo articolo, con la speranza che l’umanità riesca a guardare la natura che ci circonda e la sua incredibile ed importante bellezza.

Greta Lucia Cerrone 

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