Uno dei principali protagonisti di questa estate italiana è stato senza alcun dubbio il granchio blu. Questo bellissimo crostaceo, tra Italodisco e il fenomeno Barbenheimer, ha fatto breccia nei media italiani facendo parlare di sé davvero ovunque: giornali, tv, radio, social. Pensate che fa perfino la comparsa nel nuovo film di Liliana Cavani, “L’ordine del tempo”. Ma quanti sanno veramente chi è o cosa fa?
Per fare un po’ di chiarezza, abbiamo deciso di intervistare il Dott. Francesco Tiralongo che studia le specie ittiche e le invasioni biologiche in Mediterraneo da anni.

Dott. Francesco Tiralongo
Dott. Francesco Tiralongo
Ciao Francesco. Ormai si sente molto parlare del granchio blu, ma c’è ancora un po’ di confusione su chi sia questo famigerato alieno che ha invaso le nostre acque e, recentemente, le pescherie. Per questo, vorrei chiederti se puoi brevemente presentarcelo: da dove viene e come è arrivato qui da noi?

Il granchio reale blu, scientificamente noto come Callinectes sapidus, è una specie aliena invasiva di origine atlantica. La sua distribuzione naturale, infatti, comprende la costa atlantica americana, all’incirca dalla Nuova Scozia all’Argentina. L’ipotesi più accreditata all’interno della comunità scientifica è che sia arrivato in Mediterraneo tramite le acque di zavorra delle navi.

Il granchio blu (Callinectes sapidus) da wikimedia commons
Il granchio blu (Callinectes sapidus) da wikimedia commons
Il granchio blu è stato segnalato per la prima volta nelle acque italiane ben settant’anni fa, eppure solo ora è sulla bocca di tutti. Come mai?

Il 2023 è diventato l’anno del granchio blu per noi biologi marini. Il fattore principale che ne ha determinato un così grande impatto mediatico è dovuto soprattutto al fatto che ha colpito (tra le altre cose) gli impianti di venericoltura presenti nelle lagune del delta del Po. Questo ha attirato l’attenzione dei politici, che sono stati chiamati in causa, e quindi dei mass media. Noi scienziati ne parlavamo già da parecchi anni e sapevamo benissimo che tutto questo sarebbe potuto accadere. L’impatto a livello ecosistemico da parte di questa specie nelle nostre acque non è assolutamente una novità del 2023, anzi!

Il danno economico che ha provocato, soprattutto per quanto riguarda il mercato di organismi bivalvi (vongole e cozze), come hai detto tu, ha fatto sì che anche i politici se ne interessassero. Ma, secondo te, è troppo tardi per agire o è possibile ancora fare qualcosa?

Il danno economico è ingente ed è già stato fatto; tuttavia, questo non è assolutamente un motivo per dire che sia tardi per agire o che non bisogna farlo. Anzi, bisogna impedire che la situazione peggiori o che si ripeta in futuro allo stesso modo, bisogna continuare a studiare la specie e a raccogliere dati presso le aree strategiche del territorio nazionale. Occorre fare rete tra noi ricercatori in collaborazione con tutte le altre parti interessate, in primis allevatori di vongole, gestori di zone protette, pescatori, ecc.

Molti, però, stanno un po’ storcendo il naso dinnanzi alla scelta di voler commercializzare il granchio blu vedendo in questa azione solo conseguenze controproducenti, ovvero che facendolo entrare sul nostro mercato verrà sempre più incentivata la sua pesca finanche al suo allevamento. Cosa ne pensi? È possibile che arriveremo al suo allevamento prima ancora che si abbiano tutte le risposte sul suo impatto ecologico/sociale e, anche se ciò avvenisse, quali sarebbero poi le prospettive future?

Con le abbondanze attuali pensare a un allevamento non avrebbe senso, inoltre, che io sappia, la specie non viene allevata neanche in America, dove anzi hanno, in alcune aree, problemi con la gestione della risorsa, che è divenuta localmente scarsa. In tutti i casi un eventuale allevamento della specie non ha nulla a che vedere con le strategie di contenimento, anzi, potrebbe essere un fattore di rischio in più in base a come sarebbero gestiti gli impianti. Quindi, almeno ad oggi, dico sì solamente alla pesca a fini di contenimento della specie. Poi se riuscissimo anche a sfruttare la risorsa, come stiamo cercando di fare e in parte già facciamo promuovendone il consumo, ancora meglio.

Una delle problematiche principali è l’innalzamento delle temperature del Mar Mediterraneo che sembra stia favorendo la riproduzione e, di conseguenza, l’abbondanza del granchio blu lungo le nostre coste. Siamo, quindi, destinati ad un aumento repentino di questa specie con una conseguente diminuzione di quelle autoctone fino alla loro totale sparizione?

Le temperature più elevate dei nostri mari potrebbero favorire la specie, influenzandone la biologia riproduttiva. Tuttavia non è detto che il granchio blu rimanga sempre così abbondante, anzi, come accade per ogni specie, prima o poi osserveremo un decremento naturale e ciclico della sua abbondanza. Attualmente le aree fortemente impattate dal granchio richiedono particolare attenzione, perché abbiamo osservato la diminuzione e l’estinzione strettamente locale di alcune specie autoctone. Tuttavia, da qui a una totale estinzione delle specie autoctone predate dal granchio o che competono con esso per le stesse risorse, il passo è molto lungo e improbabile, data la complessità e la vastità dell’ambiente marino.

Recentemente è stata fatta la scoperta ad Ancona di un altro “granchio blu”, ma questa volta arriva dal Mar Rosso. Cosa può dirci a riguardo? Questa potrebbe essere la prima segnalazione di una lunga serie? Inoltre, come potrebbe interagire con Callinectes sapidus e con la fauna autoctona?

Si tratta di Portunus segnis, granchio invasivo lessepsiano, cioè arrivato in Mediterraneo dal Mar Rosso tramite il Canale di Suez. La specie è nota da parecchio tempo per le acque italiane, soprattutto nella costa orientale siciliana. Nella vicina Tunisia questo granchio è abbondantissimo ed è già oggetto di uno sfruttamento ben strutturato. Una ulteriore espansione di questa specie in acque italiane è molto probabile, già in alcune zone contiamo parecchi individui durante le nostre ricerche. Anche questa, come già detto, è una specie invasiva, quindi pericolosa per l’ecosistema marino, le specie autoctone e l’economia. In alcune zone potrebbe interagire con C. sapidus, con esiti difficilmente prevedibili.

Grazie Francesco, speriamo che questa tua intervista possa aiutare a far maggior chiarezza sul granchio blu e il boom mediatico recentemente esploso.

Per chi fosse interessato a conoscere le diverse specie aliene presenti nei nostri mari vi consigliamo di leggere questo articolo e la precedente intervista che abbiamo fatto sempre al Dott. Tiralongo per la rubrica Archelon.

Greta L. Cerrone

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