I nostri mari, purtroppo, sono ormai da anni pieni di plastica. In particolare, il Mare Mediterraneo, dalle singolari caratteristiche e hotspot di biodiversità, non è esente da questa forma di inquinamento.
Una minaccia che impatta sull’ambiente, ma anche sull’economia di tutte quelle attività che sono legate all’Oro Blu.
Nell’ottica di trovare una soluzione a questa problematica sono nati numerosi progetti e tecnologie, tra cui SOLVING e la tecnologia Green Plasma. A parlarci di queste due realtà la Prof.ssa Stefania Gorbi del Dipartimento di Scienza della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche, che da anni si occupa di questa forma di inquinamento in mare, e l’Ingegnere Manuel Lai della società Iris, che ha sviluppato e brevettato la tecnologia Green Plasma.
Progetto SOLVING
Buongiorno Prof.ssa Gorbi. Come abbiamo appena detto, nell’ottica di trovare soluzioni alla minaccia di inquinamento da plastica è nato il progetto SOLVING. Ma cos’è SOLVING? In cosa consiste?
Solving è, innanzitutto, un progetto finanziato dalla Fondazione Cariverona e che si intitola Sviluppo di tecnologie innovative ed economia circolare per contrastare l’impatto delle plastiche in aree costiere del Conero. Si può ben capire che si tratta di un progetto circoscritto alla costa del Conero. Una zona molto peculiare caratterizzata da coste rocciose, difficilmente raggiungibile da terra e quindi ardua da gestire anche dal punto di vista tradizionale. Per questo, Solving consiste nel proporre tecnologie ed iniziative per contrastare l’impatto della plastica. Non solo raccogliendo rifiuti di origine plastica lungo le coste, ma anche occupandosi della loro gestione nei punti di raccolta, affidandoli alle filiere giuste per il corretto smaltimento.
Nello sviluppo di questo progetto sono coinvolti quattro dipartimenti dell’Università Politecnica delle Marche: il Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente (DiSVA), il Dipartimento di Management, il Dipartimento di Ingegneria Informatica e il Dipartimento di Agraria. Insieme a questi collaborano anche due realtà aziendali: Garbage Group, un’azienda locale specializzata nella raccolta e smaltimento rifiuti, e Iris, un’impresa che ha inventato e brevettato il Green Plasma.
Come ci racconta lei, professoressa, gli attori partecipanti a questo progetto appartengono a diversi dipartimenti, i cui campi di ricerca e lavoro sono molto lontani tra loro. Come si è sviluppata questa partnership? Quali sono i vantaggi di questo tipo di collaborazioni tra partner così diversi?
Il DiSVA, che si è occupato del coordinamento del progetto, è riuscito ad unire partner che in parte già conosceva, portando in campo qualcosa di innovativo e multidisciplinare per proporre soluzioni a 360°. Questo ha permesso di unire le capacità e conoscenze del team di ecotossicologia, che ha il ruolo di definire l’impatto di plastiche e microplastiche in mare, con il team di informatica che, invece, si sta occupando dello sviluppo di tecnologie, come i droni, per il rilevamento della plastica nei siti di interesse. Questo, ad esempio, ci permette di accedere a quelle aree in cui si fa fatica a comprendere la presenza e la quantità di rifiuti, perché difficile o impossibile accedervi via terra. In questa maniera è più facile sviluppare e coordinare campagne di raccolta di rifiuti in questi siti.
Con il Dipartimento di Agraria, invece, si sta lavorando per trovare degli organismi bioindicatori nuovi per valutare l’impatto delle plastiche nelle aree costiere. In particolare, stiamo verificando se le microplastiche sono presenti anche in quegli organismi che solitamente noi biologi marini non utilizziamo come bioindicatori, come ad esempio gli insetti (Carabidi), e che effetti esse hanno su di loro.
Infine, c’è il Dipartimento di Management che si occupa di studiare la parte di sostenibilità e di economia circolare, relativa alle soluzioni che proponiamo.
Per quanto riguarda le aziende, Garbage Group ci supporta nella parte di raccolta rifiuti in mare con i mezzi che ha a disposizione, come ad esempio il Pelikan. Mentre Iris testa l’efficienza del Green Plasma per la trasformazione della plastica, rendendo sempre più efficace il trattamento e analizzandone le rese energetiche.
Come si può notare, il progetto prevede una stretta sinergia tra questi attori. Ognuno di loro si occupa di aspetti specifici che però vengono integrati nella fase finale del progetto, che ha lo scopo di proporre delle soluzioni che siano efficaci da un punto di vista sia ambientale che economico. Ciò è importante perché spesso può capitare di trovare soluzioni ottime dal punto di vista ambientale, che però non sono sostenibili a livello economico.
Per cui, il vantaggio di questo tipo di collaborazioni è che si hanno a disposizione competenze molto diverse tra loro, che possono portare a soluzioni il più integrate possibili, vedendo il problema non solo da un solo punto di vista, ma da diversi punti. Questo è molto importante quando si vanno ad affrontare problematiche molto attuali come quella, appunto, dei rifiuti plastici.
Green Plasma
All’interno del progetto SOLVING, come accennava la professoressa Gorbi, vi è Iris che si occupa dello sviluppo di un Green Plasma trasportabile. A parlarci di Iris e di come ha sviluppato la tecnologia del Green Plasma è l’ingegnere Manuel Lai.
Iris è una piccola società di ingegneria che ha sede a Torino e che, negli anni, ha sviluppato una serie di soluzioni per la gestione degli scarti, sia solidi che liquidi, in un’ottica di economia circolare efficiente. Il Green Plasma è una di queste soluzioni, la cui applicazione è nel trattamento in loco dei rifiuti recuperati. Per cui è una soluzione di piccola scala che consente di convertire i rifiuti in energia e di ricavare materie prime dagli scarti. Per cui, in sostanza, da un rifiuto si ricava una risorsa e non si hanno ulteriori scarti.
Il fatto che sia in piccola scala e che avvenga nel luogo del recupero dei rifiuti, in questo caso vicino al mare, ha una grande valenza dimostrativa perché consente di mostrare alla stessa comunità come viene gestito un rifiuto, anziché vederlo sparire altrove senza sapere che fine faccia.
Effettivamente, poter “toccare con mano” una cosa del genere è sicuramente un modo per creare maggiore consapevolezza tra i cittadini. Per renderlo attivo su piccola scala e trasportabile quali sono state le difficoltà e i vantaggi rispetto ad un classico impianto in infrastruttura?
Rendere un impianto di questo genere trasportabile è stata un’operazione complessa perché è stato necessario scendere a compromessi tra le necessità tecniche dei macchinari e il poco spazio a disposizione. Per cui si è trattata di una vera e propria sfida ingegneristica. Una sfida che ha avuto successo!
Il vantaggio di questa tecnologia trasportabile è che, essendo in piccola scala, non presenta le difficoltà di gestione di grandi quantitativi di rifiuti come un impianto su grande scala. Ad oggi, un impianto di questo genere è in grado di trattare tra i 10 e i 20 kg/h di plastica recuperata dal mare. Se si tiene conto, poi, che questa è anche molto voluminosa, si parla di 100L/h di plastica recuperata!
Interessante è l’utilizzo di questa tecnologia in zone di mare dove vi sono mezzi come il Pelikan, che recupera centinaia di chilogrammi di rifiuti al giorno; ovvero la stessa capacità di smaltimento del Green Plasma. Ciò permette di trattare direttamente in porto i rifiuti recuperati in giornata, senza che vi sia un loro accumulo. Questo ha un valore sia estetico, perché evita appunto l’accumulo dei rifiuti, che virtuoso, perché, come dicevamo prima, permette di mostrare in maniera tangibile ai cittadini e ai visitatori la sua applicazione.
Una combo perfetta! Ma come funziona esattamente il Green Plasma?
Questa tecnologia è basata su un processo di pirolisi ad alta temperatura. Per cui il rifiuto viene portato ad una temperatura maggiore di 900°, dove anche i legami più stabili vengono frammentati e si formano dei gas molto semplici, prevalentemente idrogeno e a seguire metano e monossido. Per cui a queste temperature lo scarto residuale è minimo e può essere ricircolato in continuo nell’impianto. In questa maniera si produce una grande quantità di gas che, essendo combustibile, ha un alto valore energetico. Pensa che un solo chilogrammo di plastica consente di ottenere 1kW/h. In parole povere: con un chilogrammo di plastica si può ricaricare un monopattino e farci parecchi chilometri.
Per cui si tratta di una rivalorizzazione del rifiuto al 100%.
Esattamente. Per di più si tratta di quella parte di rifiuto che non è riciclabile. Perché in questo tipo di operazioni è possibile separare la parte riciclabile dalla parte non riciclabile. Quest’ultima, che andrebbe avviata alla raccolta indifferenziata, anziché essere trasportata per grandi distanze, viene utilizzata immediatamente e trasformata in risorsa.
In questo modo entra in gioco il tema della circolarità e sostenibilità. Un tema che, ad oggi, quando si parla di questi progetti, è impossibile non includere. Ecco, in questi termini, in una scala da 1 a 10, dove si posizionerebbe Green Plasma, da un punto di vista sia economico che ambientale?
Dal punto di vista di sostenibilità economica e ambientale è difficile dare un punteggio. Complessivamente, si colloca nella parte alta della scala, direi sull’otto e ti spiego perché. Non ho dato 10 perché noi convertiamo una parte del rifiuto proveniente dal mare in energia. L’ideale, però, sarebbe di recuperare al 100% risorse materiali da scarti materiali. In quest’ottica, la nostra è una tecnologia di transizione, in attesa di una tecnologia che ci permetta di realizzare ciò che al momento è solo un’idea.
Per quanto riguarda la sostenibilità economica, invece, all’interno del progetto siamo ancora ben lontani dal poter giudicare o misurare questo parametro. Ciò perché stiamo ancora sperimentando le condizioni ottimali di funzionamento di questo sistema.
Concludendo…
Ci avviamo verso la fine dell’intervista e possiamo già dire che il progetto SOLVING e il Green Plasma sono due realtà che hanno saputo sviluppare delle idee e un potenziale non indifferenti. Ma quali sono, ad oggi, i risultati raggiunti dal progetto SOLVING? E quali sono i risultati attesi per il prossimo anno, data di conclusione di questo progetto?
Uno dei risultati più importanti ed interessanti è essere riusciti a realizzare il sistema mobile Green Plasma. All’inizio del progetto sembrava uno degli obiettivi più ambiziosi e invece ce l’abbiamo fatta!
I risultati ottenuti sono davvero tanti. Grazie ai campionamenti fatti in spiagge di difficile accesso siamo riusciti a valutare la tipologia dei rifiuti spiaggiati e ne abbiamo fatto una caratterizzazione polimerica. Inoltre, grazie all’aiuto dei droni siamo stati in grado di valutare l’efficacia delle azioni di beach cleaning nelle aree di interesse del progetto. Tutti questi dati sono stati presentati anche durante lo Sharper Night!
Abbiamo, inoltre, i primi dati della presenza di microplastiche all’interno degli insetti usati come organismi bioindicatori. Infine, cominciamo ad avere i primi risultati in relazione alla valutazione dell’impatto dell’applicazione di queste tecnologie sul sistema economico, tramite l’utilizzo di questionari.
Per quanto riguarda, quindi, il prossimo anno, faremo un’analisi complessiva dei risultati ottenuti. Ciò ci permetterà di fare una valutazione di rischio ecologico e capire effettivamente la sostenibilità di questo approccio in aree vicino al mare. Una conclusione che rispecchia l’obiettivo principale del progetto.
Federica Mongera & Valentina Tavolazzi