Ammettetelo! Quanti di voi hanno sognato di indossare il mantello dell’invisibilità di Harry Potter almeno una volta nella vita?
Allora benvenuti nel club!
La cinematografia e la letteratura ci hanno sempre stimolati con l’idea di un indumento o di un dispositivo che possa darci il dono dell’invisibilità: da Ghost in the Shell, passando per Metal Gear Solid, sino ad arrivare al Signore degli Anelli. E se vi dicessi che diventare invisibile è ora possibile? È successo grazie al Quantum Stealth, la tecnologia brevettata da Hyperstealth Biotechnology. Tale tecnologia permette a un materiale di piegare la luce per rendere le persone e gli oggetti quasi invisibili a occhio nudo.
“Non solo il materiale nasconde un bersaglio nello spettro visibile, ma anche nell’Ultravioletto, nell’Infrarosso e nell’Infrarosso ad onde corte mentre blocca lo Spettro Termico, rendendolo un vero Mantello dell’invisibilità della banda larga”
Racconta Guy Cramer, presidente e CEO di Hyperstealth.
Come avviene tutto ciò?
Grazie all’uso dei Metamateriali, ovvero materiali capaci di giocare con il campo elettro-magnetico della luce. Questi materiali hanno un indice di rifrazione variabile e più basso di quello dell’aria, capace di deformare la traiettoria compiuta dalla luce, dandoci l’illusione dell’invisibilità.
Campi elettromagnetici, rifrazione, metamateriali…ma di cosa stiamo parlando?
Ok! Avete ragione, cerchiamo di fare un passo indietro.
Grazie a uomini come Plank e De Broglie, sappiamo che la luce ha una duplice natura: ondulatoria e corpuscolare. Ossia si comporta da onda ed è costituita da particelle elementari: i fotoni. Con le teorie della relatività di Einstein, siamo consapevoli che ci muoviamo in uno spazio a quattro dimensioni (tre coordinate spaziali e una temporale) che chiamiamo spazio-tempo. Immaginatevelo come un lenzuolo, su di esso mettiamo una mela o qualsiasi oggetto abbiate, che cosa succede? Che la mela deforma il lenzuolo, giusto? Ovvero:
“lo spazio-tempo dice alla massa come muoversi, mentre la massa dice allo spazio-tempo come deformarsi”
La luce, che è costituita da fotoni (ovvero particelle), non è esente da questa legge, anche se non ce ne accorgiamo per la sua incredibile velocità. Nulla infatti è più veloce della velocità della luce (nemmeno l’Enterprise di Star Trek o Flash, perché eludono la legge…forse ve ne parlerò un giorno). Ma la luce è anche un’onda. Ha quindi una propria frequenza e intensità, che ci permettono di cogliere la realtà in un certo modo, sulla base dei nostri limiti fisici e cognitivi. Infatti, possiamo vedere solo una parte del più ampio spettro della radiazione che chiamiamo “luce visibile“. Ma oggi sappiamo che esistono anche le microonde, le onde radio, i raggi gamma (che non possono trasformarvi in Hulk), beta, alfa e così via.
Cosa c’entra tutto ciò con l’invisibilità?
Solo un momento, ci stiamo arrivando.
Per le sue caratteristiche, la luce genera un campo elettro-magnetico, che prima dell’avvento dei metamateriali si poteva alterare solo giocando con la sua natura elettrica, non quella magnetica che è responsabile dell’indice di rifrazione.
Ma perché è così importante l’indice di rifrazione?
Esistono due grandi leggi dell’ottica, quella della riflessione e quella della rifrazione.
Noi siamo in grado di vedere le cose perché la luce viene riflessa dall’oggetto, ossia i fotoni incontrano l’oggetto, urtano e rimbalzano con un certo angolo di incidenza (angolo di riflessione), colpiscono i nostri occhi e il cervello elabora il segnale restituendoci l’immagine dell’oggetto osservato.
Invece, con la rifrazione, la luce continua il proprio percorso all’interno del materiale, per “uscire” con un angolo (angolo di rifrazione) diverso da quello con cui è “entrata”, senza che vi sia alcun “rimbalzo” dei fotoni.
Questo perché ogni materiale ha un indice di rifrazione diverso, che è dato dalla permeabilità, per l’appunto una caratteristica magnetica dei materiali.
La rifrazione è un fenomeno comune come la riflessione, infatti se c’è riflessione c’è anche rifrazione. Provate a prendere un bicchiere di acqua e mettete all’interno una matita, vedrete un’immagine distorta dell’oggetto, perché? Proprio perché la luce ha dovuto attraversare il vetro del bicchiere, l’acqua, la matita, poi nuovamente l’acqua e il vetro. Ossia ha dovuto attraversare materiali con indici di rifrazione diversi e quindi la sua traiettoria è stata deformata proprio a causa della sua natura corpuscolare (le leggi di deformazione dello spazio-tempo).
Gli studi sull’ottica non sono così recenti. Infatti, il primo ad accorgersi dei fenomeni di riflessione e rifrazione fu Tolomeo ben 2000 anni fa. Poi la staffa passò agli arabi, ancora a Newton, che studiò l’ottica in un periodo di quarantena a causa di un’epidemia (quando le catastrofi portano cose buone, pensate se si fosse messo a fare pizze come le persone normali). Anzi, si racconta che fosse così ossessionato dalla natura della luce che si conficcò un oggetto nell’occhio.
Ecco perché penso che i geni non esistano! Eppure, è proprio grazie allo scienziato britannico che capimmo come la luce potesse essere scomposta nei suoi meravigliosi colori. La scoperta è stata fatta sfruttando proprio il fenomeno della rifrazione della luce, colpendo un prisma di vetro, tra i primi oggetti dell’ottica. In seguito, arriviamo a Snell, che formalizzò matematicamente e sperimentalmente gli studi effettuati dai suoi predecessori. È grazie a loro se oggi possiamo vedere attraverso gli occhiali, oppure ammirare le costellazioni, e addirittura buchi neri. Sfruttando queste conoscenze, abbiamo creato le lenti convergenti e divergenti, che ci consentono di deformare la luce per restituirci un’immagine nitida e amplificata o ridotta dell’oggetto osservato. Camminando sulle spalle dei giganti (Cit.) siamo stati capaci di costruire sistemi, per l’appunto i metamateriali, che ci consentono il dono dell’invisibilità.
Ma come sono costruiti i metamateriali e perché non potevamo essere invisibili prima?
I metamateriali sono essenzialmente costituiti da lenti convesse nanometriche, disposte nei vari strati del materiale, che direzionano la luce sulla stessa direzione percorsa ma nel verso opposto. Inoltre, questi materiali hanno un indice di rifrazione più basso dell’aria, così che quando la luce li tocca, questi vengono accelerati. In altre parole, la luce colpisce queste lenti convesse e viene accelerata grazie all’indice di rifrazione, perché dovrà percorrere una curva, che le permette di tornare lungo la stessa direzione percorsa, evitando sia il fenomeno di rifrazione e riflessione.
Ovviamente, non è possibile alterare del tutto questi fenomeni.
Inoltre, le lenti sono in leghe metalliche e i metalli sono capaci di assorbire gran parte dell’energia luminosa, restituendoci un raggio luminoso meno intenso, così che il “mantello dell’invisibilità” risulta più scuro rispetto all’ambiente circostante.
Questi materiali non sarebbero mai stati progettati prima del 2006, quando le nanotecnologie erano ancora agli albori ed era molto difficile trattare i materiali su scale nanometriche. Questo non ci avrebbe concesso di creare lenti nanometriche, né di avere materiali con indice di rifrazione più bassi dell’aria.
C’è un solo problema: così come il mantello è invisibile all’osservatore, il mondo circostante è invisibile all’osservato dietro il mantello…questo rende estremamente difficile creare aerei invisibili, perché il pilota all’interno non vedrebbe nulla.
Parlo di aerei perché le applicazioni di questi materiali sono a scopi militari.
C’era d’aspettarselo, alla fine l’innovazione nasce dove ci sono investimenti e capitali. Potrebbe stupirvi, ma la maggior parte delle cose che abbiamo nascono da ricerche in campo militare: dal dentifricio, alle suole ammortizzanti delle scarpe, fino al cibo in scatola. Quindi, la speranza è che la creatività e l’ingegno umano possano dilagare affinché i metamateriali possano essere usati per scopi diversi da quelli bellici.
Il desiderio di essere invisibili è sicuramente interessante, ma anche paradossale in una società dominata dalla fama di successo, in cui tutti cercano di richiamare l’attenzione su di loro (anche per un solo istante). Un bisogno di benevola prevaricazione, alimentata dai social, che nasce dall’esigenza di gridare al mondo: ci sono anche io!
Ai margini della società sopravvivono persone (generalmente molto povere) che sono invisibili agli occhi del mondo, che rimane indifferente e troppo focalizzato sul proprio ego, mentre le loro vite si intrecciano con le nostre esistenze, manifestandosi come ombre. Alla luce di queste considerazioni, il “dono” dell’invisibilità perde il suo fascino e si presenta più come una maledizione. Più che renderci invisibili e di nascondere l’ambiente circostante, la scienza dovrebbe avere l’obbligo morale di mettere in luce la meraviglia del mondo che ci circonda, e di noi che ne facciamo parte.
Amplificare la luce e non solo deformarla, per illuminare l’oscurità della nostra ignoranza! L’invisibilità è un dono solo quando riesce a farci vedere, non occultare, cose che la nostra vista non ha la sensibilità di cogliere!
Mario Russo
Fonti:
– Quantum Stealth, il materiale che rende persone e oggetti quasi invisibili, 08/09/2019, Clara Salzano
– Has anyone seen my invisibility cloak? ABC Science, 23 /09/ 2011, ABC Science
– Invisibility cloaks are not just possible, but are becoming reality, Big think , 28/04/2022
Di questo articolo ho apprezzato la chiarezza ma anche la sensibilità dimostrata nei due periodi finali. Vi chiedo quindi il permesso di segnalarlo in una mia recensione che comparirà a breve nel sito che ho indicato.
Grazie mille! Ci fa davvero piacere che ti sia piaciuto! Per la segnalazione non ci sono problemi, fai pure!
Davvero grazie!