Un recente studio ci porta alla scoperta di come nel mondo delle simbiosi ci siano ancora parti sconosciute e ci conferma ancora una volta che la chiave per la sopravvivenza è la collaborazione

“Durante il nostro lavoro sul campo, nelle foreste montane subtropicali di Taiwan, abbiamo incontrato un esemplare a noi sconosciuto…”

Potrebbe sembrare l’inizio di un libro post-apocalittico in cui si scopre un organismo fuori dal comune, in una regione remota del mondo e che pochi mesi dopo si diffonde in tutto il mondo, scatenando una crisi globale. Invece, è l’inizio di un articolo scientifico sullo studio della simbiosi tra funghi e cianobatteri, tramite la scoperta di due nuove specie.

Nelle foreste di Taiwan è stato individuato un tallo simile a un lichene, ma leggermente gelatinoso e di colore verde scuro-bluastro, come le colonie cianobatteriche del genere Nostoc. Inizialmente si è pensato ad un nuovo ciano-lichene fogliaceo della famiglia Collemataceae.

Tallo osservato nella foresta taiwanese (Sopra, photo credit: www.science.org) Colonia di Nostoc (Sotto, photo credit: www.sciencephoto.com)

Ulteriori studi, sia da un punto di vista morfologico che genetico, hanno evidenziato le differenze del complesso rispetto ai ciano-licheni, individuando anche due nuove specie: il fungo Serendipita cyanobacteriicola e il cianobatterio Symbiothallus taiwanensis. Le due specie convivono nello stesso complesso gelatinoso grazie ad una simbiosi differente da quella dei licheni. Nei licheni, infatti, la parte fondamentale dell’organismo è il fungo che forma la struttura esterna, di protezione, mentre nella parte interna risiedono le alghe che forniscono il nutrimento. Invece, nei talli formati da S. cyanbacteriicola e S. taiwanensis, le parti predominanti sono i filamenti cianobatterici, e le ife fungine si sviluppano all’interno dei filamenti.

Quindi, non si può parlare di una associazione simbiotica simile ai licheni. Sembrerebbe, infatti, essere più simile all’associazione di un parassita con il suo ospite.

La parassitosi da parte dei funghi è stata l’ispirazione per il videogioco e la serie “The Last of Us” (ne abbiamo parlato qui). Nella serie TV il comportamento parassita delle ife fungine è stato estremizzato per realizzare una delle scene più raccapriccianti della serie. Si tratta della scena in cui le ife del fungo cordyceps escono dalla bocca di una donna infettata alla ricerca di nuovi ospiti.

Foto tratta dalla serie “The Last of us” (Photo credit: www.gametimers.it)
La differenza tra sci-fi e realtà

Nella realtà, per fortuna, le ife non si comportano in questo modo.

Infatti, nel tallo di nostro studio le ife fungine non si inseriscono in una parte vitale della cellula cianobatterica, ma all’interno di una guaina polisaccaridica gelatinosa, che ricopre i filamenti cianobatterici. Questo è stato possibile evidenziarlo al microscopio elettronico a trasmissione (TEM). Quindi, il termine parassitosi per definire questo fungo è inadatto.

Visione dei filamenti cianobatterici al TEM. FH: ifa finginea; CT: cellule cianobatteriche (tricomi); CS: guaina cianobatterica (Photo credit: www.science.org)
“Non è un lichene e non è un parassita, sa soltanto quello che non è”

Ma, quindi, se non è un lichene e non è un parassita, come dovremmo definire questa relazione di simbiosi?

Forse si potrebbe trattare di un’endofita, anche se questa ipotesi viene smentita dal comportamento delle ife che si accrescono e rimangono confinate all’interno della guina polisaccaridica non intaccando la cellula cianobatterica.

Tuttavia, l’analisi filogenetica di S. cyanobactericola evidenzia relazioni geniche con funghi endofiti delle radici e delle briofite. L’incapacità di coltivare il partner fungineo in laboratorio è coerente, di nuovo, con le caratteristiche degli endofiti. Per questi motivi, la simbiosi osservata condivide caratteristiche sia con i licheni sia con gli endofiti, ma presenta anche aspetti distintivi che la rendono unica rispetto a queste forme simbiotiche ben conosciute.

Ma facciamo un attimo un passo indietro.

Il termine “simbiosi” fu utilizzato per la prima volta nel 1878 durante un convegno di naturalisti e medici europei per descrivere il fenomeno con cui due organismi vivevano insieme. Ma fu solo a partire dagli anni Settanta che la comunità scientifica prese coscienza delle potenzialità della simbiosi in biologia. Ciò fu possibile soprattutto grazie alla ricercatrice americana Lynn Margulis, che si dedicò allo studio del fenomeno pubblicando anche un libro dedicato alla simbiosi intitolato “Symbiosis in cell evolution”.

Copertina del libro (Photo credit: www.goodreads.com)
Un nuovo capitolo

Dopo 44 anni, si apre un nuovo capitolo di approfondimento per le simbiosi grazie ai risultati di questo studio che fanno luce su una forma unica di simbiosi tra funghi e cianobatteri, definendola “phyllosymbia”.

Chiara Evangelista

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